Per la rubrica “Dialoghi” ecco l’intervista al professor Roberto Bruni (agronomo, dottore di ricerca in entomologia e docente di viticoltura e biotecnologie viticolo-enologiche) sui cambiamenti nel mondo della scuola dopo il Coronavirus.

 

di Simone Cappelli

 

Professore, prima del Covid ha avuto modo di sperimentare nuovi modelli di insegnamento?

Roberto Bruni 4Nel corso degli ultimi quindici anni l’istituto Ulpiani di Ascoli ha partecipato a diversi convegni internazionali in particolar modo nel circuito delle scuole enologiche, sia sotto forma di campionati come “Wine Championship” – quest’anno avrebbe dovuto svolgersi in Stiria, poi cancellato causa Covid ( ndr) – sia come congressi biennali nella rete delle scuole enologiche europee. In occasione dell’incontro di Weinsberg di due anni fa, oltre al dibattito enologico, ci venne presentato un approccio sulla didattica evolutiva. Ricordo con piacere che il docente che tenne questa lezione esordì con un’immagine di una classe tedesca ai tempi di Guglielmo II seguita da una dell’anno in corso, chiedendoci quali fossero per noi le differenze dopo 100 anni. A primo impatto molte, in realtà dal punto di vista strettamente didattico non è cambiato nulla: oggi, come allora, ci sono lezioni frontali con il professore che parla e lo studente seduto al banco. Ciò evidenzia che, nonostante la grande e continua evoluzione tecnologica di cui siamo testimoni, la scuola sia tuttora ancorata al passato. Al ritorno dalla Germania ho deciso di implementare il mio personale modo di insegnare utilizzando piattaforme, Moodle (Ambiente di Apprendimento Dinamico Modulare Orientato agli Oggetti, n.d.r.) per la didattica e sistemi di videoscrittura per modificare lo stesso testo come Word Processor, che ti consente, a distanza, di creare gruppi aperti di studenti capaci di lavorare contemporaneamente ad un elaborato. Dopo l’entusiasmo iniziale il progetto ha perso d’importanza. Non è facile rinnovare.

L’emergenza che stiamo attraversando ha dato la possibilità di testare, in parte, la didattica 2.0. Qual è stata la risposta del comparto scuola?

Roberto Bruni 2Nonostante le enormi difficoltà che in questi mesi stiamo affrontando, il Covid, nell’ottica della didattica, ha costretto professori e studenti – ognuno con le proprie capacità – a sottoporsi ad un grande esperimento globale di futuro. Di questa situazione ne hanno risentito i sistemi scolastici, le infrastrutture telematiche – io ho cambiato due provider durante il lockdown – ed è venuta a galla una non omogeneità dal punto di vista delle possibilità comunicative. E’ stata un’importante esercitazione, una prova vera per chiunque. Io credo poco nelle categorie, per me esistono le persone; noi riusciamo a riconoscerle grazie a delle peculiarità, caratteristiche che in questo caso, magari, sono state sviluppate grazie a conoscenze tecnologiche pregresse. Le persone maggiormente preparate sull’argomento hanno risentito meno del cambiamento, ma devo dire che anche i colleghi meno abituati, avulsi inizialmente dall’emisfero tecnologico, hanno risposto molto bene e si è arrivati ad uno standard. Per quanto riguarda riunioni e consigli di classe abbiamo fatto uno step avanti da cui non sarà facilmente tornare indietro. Spero che anche le prossime riunioni si possano fare da remoto, a parer mio si guadagna in efficienza e chiarezza.

Come hanno reagito, invece, gli studenti?

Roberto BruniAnche qui non esistono gli studenti, bensì le persone studenti. Ci sono state diverse risposte: vari hanno risposto bene, altri meno, alcuni mi hanno sempre detto “professore preferivo com’era prima”. Io credo che una volta tornati auspicabilmente alla normalità ci sarà una maggiore consapevolezza sulla tecnologia e potremmo apprezzare meglio tutto ciò che il contatto umano ci dona. Alcune volte, parlo da professore, non è facile gestire l’attenzione degli alunni da remoto, visto che si ha l’impressione che lo studente non attento non disturbi la classe bensì rechi un danno solo a se stesso. E’ importante, in questi casi, rendere interattiva la lezione, altrimenti è molto facile perdere le redini della classe e proseguire facendo un monologo.

In questi mesi la scuola, come ognuno di noi, ha utilizzato piattaforme private per limare le distanze e portare a termine i programmi. Lei crede che il Ministero debba investire su una piattaforma pubblica, ufficiale, capace di sfruttare al massimo le proprietà che la rete offre?

Io non sono di questo avviso, in questi casi bisogna utilizzare ciò che già esiste e funziona bene. Io adopero da tempo piattaforme private a pagamento annuale, suite che offrono programmi sia Word, Excel che Word Processor, Spreadsheet, possibilità di fare meeting con più di 15 persone. Nelle prime due settimane, quando non eravamo a conoscenza della gravità, ognuno ha esplorato delle strade personali vista l’assenza di una piattaforma unica. Successivamente, nel momento in cui è scoppiata l’emergenza, nel nostro caso, la preside della scuola ha attivato un’unica piattaforma senza costi per docenti ed alunni. E’ così stato possibile lavorare con un insieme di programmi già rodati e che ci hanno permesso di insegnare nelle migliori condizioni. Nell’istituto Ulpiani utilizziamo da ormai 7 anni un registro elettronico gestito da una società privata che ci permette di registrare voti e comunicazioni in maniera più rapida e chiara. Credo che a breve ci sarà un’analisi di mercato, delle offerte, e si sceglierà la piattaforma migliore sulla quale lavorare ora e negli anni futuri. Creare una piattaforma ministeriale potrebbe significare avere sottomano un prodotto complicato e arenato nelle beghe burocratiche. Le piattaforme private hanno subìto una rapida implementazione.

Quali sono state le differenze più evidenti tra l’insegnamento da remoto e quello in presenza?

Io devo dire che, di nuovo, sono stato formalmente colpito da questa esperienza. Insegno Viticoltura e difesa della vite insieme all’enologo Roberto D’Angelo, e sono stato fortunato perché il mio co-docente, durante il lockdown, risiedeva nella sua casa, dove possiede una vigna. Diverse volte abbiamo fatto delle lezioni dove alla spiegazione, ad esempio, della scelta della barbatella, dell’impianto del vigneto, delle malattie come la peronospora o l’oidio, abbiamo accompagnato la visione di alcuni particolari ripresi in diretta con il cellulare. Oltre a ciò, D’Angelo ha realizzato l’impianto di un vigneto seguendo fase dopo fase tutti gli stadi, spiegati minuziosamente con l’ausilio del GPS. Credo sia venuta fuori un’esposizione più efficiente ed efficace di quella che si sarebbe potuta fare in aula. Dipende molto dalla materia presa in esame; insegno anche biotecnologie viticolo-enologiche e lì non è stato possibile realizzare la parte laboratoriale durante il periodo da casa. Qualcosa era stato fatto prima ed ho potuto solo aggiungere filmati che mostrassero le coltivazioni in laboratorio di batteri e lieviti. Si perde il contatto umano, ma il responso è positivo. Ci sono stati poi dei casi limite; l’Italia, essendo un territorio prevalentemente montuoso, rende complicato avere una discreta rete Internet disponibile per tutti. Alcuni ragazzi che abitano nelle frazioni meno servite hanno avuto problemi logistici nell’intervenire. La scuola si è attivata subito mettendo a disposizione strumenti informatici, ma il discorso delle reti resterà un problema da risolvere per chi si è ritrovato escluso senza volerlo e da implementare per chi ha avuto 4-5 persone minimo collegate per lavoro nello stesso momento.

E’ quindi importante far cooperare la didattica in presenza e quella a distanza?

Bruni sulla RaiSì, cerchiamo di tornare in classe migliori. Quando potremmo tornare a scuola in sicurezza o magari senza pericolo speriamo di non dimenticarci quello che abbiamo imparato. Sarà importante far coabitare la didattica a distanza con quella in presenza, ripensando il modo di insegnare, di valutare gli alunni utilizzando nuove modalità d’esame. Parlando personalmente, la realizzazione della didattica 2.0 fa compiere un passo in avanti anche a tutte quelle che sono le tecnologie dell’agricoltura 2.0. Se riusciamo a servire il ragazzo ad oggi isolato avremmo a disposizione un’azienda agricola dove è possibile lavorare con l’agricoltura di precisione, tecnologie che aiutano a ridurre l’impatto ambientale. Poco prima del lockdown avevamo intrapreso un progetto con il Politecnico di Torino per installare sensori che permettessero di controllare da remoto tutte le variabili climatiche del vigneto – temperatura, umidità, bagnatura fogliare. Ciò aiuterebbe a gestire l’azienda da lontano e, dal punto di vista didattico, a studiare una malattia mettendo in risalto le condizioni della pianta in un dato momento. Non voglio sembrare troppo ottimista, ma questa situazione rappresenta una concreta possibilità di migliorare nei campi tecnologici e professionali dell’agricoltura.

 

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