Nove anni sono tanti. E dopo una mazzata come quella del sisma, spietato, dell’agosto 2016, più passa il tempo in attesa di risanare, ricostruire tutto, ripartire con la normalità, più aumenta il rischio, tra fattori di inagibilità, puramente demografici o di altro tipo (chi si è trasferito e non intende tornare), di veder lentamente scomparire i borghi dell’entroterra, quelli maggiormente colpiti e che vedono la popolazione assottigliarsi sempre più, tra ritardi per case e viabilità da sistemare, prospettive occupazionali che si riducono, saldo demografico negativo e servizi che non sono sufficienti.
E a confortare questa analisi di uno spopolamento costante che pesa come un macigno sul futuro dei borghi più piccoli o comunque dei centri dell’entroterra montano, ci sono i dati dell’Istat.
Se accostiamo il dato demografico, quindi degli abitanti, tra gennaio 2016 e l’ultimo dato disponibile, ovvero febbraio 2025, ecco che ad Arquata del Tronto si è passati dai 1.187 abitanti di 9 anni fa ai 923 attuali; ad Acquasanta Terme dai 2.935 abitanti di gennaio 2016 si è scesi ai 2.414 attuali; a Montegallo, si è passati da 517 a 388, a Force da 1.357 a 1.089; a Montemonaco da 616 a 520. Solo per fare gli esempi di centri maggiormente colpiti.
Questi dati tra l’altro includono anche coloro che pur avendo ancora la residenza in questi centri, vivono altrove in alloggi temporanei con il contributo abitativo.
Il punto interrogativo dell’uomo della strada è questo: si riuscirà a restituire la normalità, tra ricostruzione abitativa e servizi, a questi centri prima che possano scomparire dalla cartina geografica?