sanremo 2023 logodi Luca Marcolini

 

La voce di Amadeus che ti apre la porta dell’Ariston e del festival come uno di famiglia – del resto è la quarta volta da direttore artistico – veste di normalità la voglia di ascoltare musica affiancata da un Gianni Morandi che sembra alimentato a pile per la sua costante dinamicità. E da un Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che inaugura la tradizione del Capo dello Stato festivaliero nel nome della Costituzione. Il tutto dopo la prima “hit”, alias l’inno nazionale. E tutta così. fino alla fine, si snoda questa overture festivaliera che piace per la sincerità e gli imprevisti, ma, come sempre accade, vede prevalere un range di canzoni ancora fuori fuoco per lo scotto della “prima” tra aggiustamenti tecnici ed emozione out of control.  E il Blanco “spaccatutto”? Non ci sono parole.

 

Ed ecco, nome dopo nome, le principali tappe di questo primo viaggio della 73esima edizione.

 

BENIGNI

La forza della dialettica che crea vibrazioni anche di fronte al freddo tessuto normativo della Costituzione italiana, con la complice e qualificante presenza del presidente Mattarella. E’ questo il senso del solito, imperdibile Roberto Benigni che non apre, ma squarcia letteralmente la prima mezz’ora della 73esima edizione del Festival. Un punto fermo. Un monumento del pensiero che corre e penetra l’anima attraverso il buon uso della parola così come detta il cuore, quando si affianca al senso della vita e della storia.

 

OXA

Atmosfere che richiamano le sonorità della musica che incrocia quasi il mistico, con una over-riverberazione e una tonalità che comunque, forse anche per l’emozione, mette in difficoltà una Anna Oxa che ama come consuetudine inerpicarsi sulle note più alte che il pentagramma consenta. Ma a volte le note scivolano fino a sfiorare le frequenze di un grido difficile da contenere e catalogare. E non sempre il messaggio passa alla perfezione.

 

GIANMARIA

Gianmaria è perfettamente in linea con il suo mood e con l’incoscienza della sua  ùconsapevole libertà di essere giovane. La produzione è quella che caratterizza quel filone ormai imperniato sulla trasmissione di messaggi in equilibrio tra il cantato e recitato.  Il filone funziona. Anche se manca il salto in alto, fuori dal proprio tradizionale steccato.

 

FERRAGNI

La provocazione di Chiara Ferragni è una stola su cui campeggia il messaggio “Pensati libera”. Ma non sarebbe meglio essere libera più che pensarlo? “E’ surreale”… la sua prima frase. Ma quello che trapela è una grande educazione e il rispetto del prossimo. Ovvero l’opposto della tendenza che oggi governa i social. “Sono terrorizzata, portatemi il cartoncino, leggo e poi un faccio sospiro di sollievo”. Ed entra nella parte.

 

MR.RAIN

Mr. Rain ripropone il suo cliché, leggermente deviato dallo spiazzante avvio al pianoforte, tra o suoi accordi istituzionali e i soliti bimbi a sollevare la canzone in maniera lieve, con cori che aprono il sound. Poi arriva la ritmica che ripropone il marchio di fabbrica stile Fiori di Chernobyl. Qualche incertezza per l’emotività che vizia la nota, ma il brano si apre tranquillamente la propria strada da potenziale hit.

 

MENGONI

Una canzone che si poggia molto sulla voce inconfondibile di un Mengoni che sa porgerti le note come un mazzo di fiori che non appassisce mai. Molto tradizionale e più sanremese del solito la struttura del brano, con le sonorità e la produzione perfettamente in linea con le ballad tirate a lucido accarezzate da tappeti sinthetici. Sonorità che si avvicinano un po’ a quelle sulla falsariga di “Brividi”. Un brano elegante e libero in versione diesel: esce fuori sempre di più ad ogni ascolto.

La raffinata Elena Sofia Ricci allenta la tensione con la promo del nuovo lavoro tv e poi passa la palla ad Ariete

 

ARIETE

Presa sottobraccio in questo approdo sanremese da due autori monstre come Dardust e Calcutta, Ariete sperimenta l’emozione che si diverte a piegare un po’ la linea della voce. Ma il brano procede nel suo flow impreziosito dai ricami sonori dardustiani che lo prendono per mano aiutandolo a crescere. A perdere, però, è un po’ il tiro, con l’effetto Sanremo che indebolisce la sfrontatezza canora cui Ariete ha abituato i suoi fan.

 

ULTIMO

Praticamente nudo, senza il suo piano e con una voce che parte altrettanto nuda, quasi sguarnita di riverbero, Ultimo scala le tonalità da una nota bassa iniziale per aiutare far crescere le emozioni all’interno di una gabbia musicale consolidata. Ma occorre attendere almeno metà brano per arrivare al lancio della voce che sale su, non senza qualche sbavatura, sottobraccio con una ritmica costruita proprio per far crescere il pathos. Ma, almeno al primo effetto live, la produzione studiata per convincere e vincere mette all’angolo proprio l’emozione riflessa, quella per lo spettatore, che un testo comunque profondo meriterebbe.

 

COMA COSE

Interpretazione che si sposa con una linea melodica sempre dritta e semplificata, non senza qualche imprecisione di nota, specie negli spazi circondati dal silenzio. Il brano fatica a salire per la ripetitività della strofa per poi riguadagnare respiro nel rit che gioca sul canonico sovrapporsi di Coma con Cose. Canzone che potrebbe riacquisire un po’ del suo valore nella versione più “laccata” in studio.

 

I POOH

La voglia di rimanere un mito della musica italiana, anche dopo l’addio di Stefano D’Orazio, porta i Pooh ad entrare nel meccanismo della “reunion” come tassello fisso dell’impalcatura festivaliera targata Amadeus. E loro lo fanno live, senza filtri, anche se con una inevitabile patina di ruggine e la disperata ricerca di toccare ancora le corde del cuore oltre a note ormai irraggiungibili (vero Facchinetti?). Poi arriva anche lui, grazie alla magia della tecnologia e di un imponente sipario: torna Stefano, riappare, canta per commuovere tutti e poi se ne torna lassù.

 

ELODIE

Raffinato pop dalle atmosfere intriganti sempre nel registro che rappresenta la comfort zone di Elodie, dove la voce corre veloce tra insenature melodiche e si inserisce ad incastro tra ritmica e strappi di strings. Una hit che percorre alcune misure musicali anche vestendosi con enfasi da canzone per il festival. Ma è inequivocabile come il brano, grazie anche una fine tessitrice di note come Elodie, sia confezionato per essere a proprio agio tra le hit radiofoniche.

 

FERRAGNI TRA CHIC E CHOC

Inizialmente choc il messaggio della Ferragni fintonudo vestita, per colpire da donna mediatica che conosce i meccanismi per comunicare alla perfezione e che si erge a scudo umano contro il body shaming. Per poi autoscriversi una lettera a sorpresa e raccontarsi nelle proprie debolezze nascoste da milioni di follower.

 

LEO GASSMANN

Stile romantico-elegante, il brano di Leo Gassmann si snoda su una intelaiatura molto tradizionale che sfocia in un refrain orecchiabile e con il suo flow per rotolare senza intoppi, ma senza quella esplosività necessaria per farsi ricordare. La voce è calda e intonata, il terzo cuore del testo pulsa a tratti, ma manca un po’ di quella incosciente creatività che dovrebbe fasciare di originalità il messaggio di un giovane in cerca di un’identità cantautoriale più netta.

 

BLANCO “SPACCATUTTO”

Problemi tecnici stroncano l’esibizione di Blanco. Lui perde la brocca e partono fischi quando prende a calci le rose – una vera e proprio “bestemmia”  proprio nel tempio di Sanremo – ed entra nella fase della defaillance. E col palco invaso dai fiori distrutti, il pubblico di Sanremo protesta, mentre Morandi imbraccia la scopa per pulire. “Non mi sentivo così dai tempi di Bugo e Morgan…” riflette Amadeus. Poi Blanco sparirà dietro le quinte per non tornare più. Dopo aver preso coscienza – con colpevole ritardo – dei suoi 5 minuti di incomprensibile follia da stress sanremese.

 

FIORELLO HA SONNO

“Al presidente Mattarella il festival non è piaciuto… Alle 21,15 se n’è andato…”. Festival-verità con Fiorello che dopo il tornado Blanco chiede ad Amadeus di sbrigarsi per non fare troppo tardi visto che lui (Fiorello) ha la palpebra calante. Anche questo è Festival.

 

I CUGINI DI CAMPAGNA

Debutto vintage e nel segno della continuità senza rinnegare il passato per i Cugini di campagna con brano griffato La Rappresentante di lista. Un brano che tenta di affiancare sonorità più attuali all’obbligo di falsetto che imprigiona ormai da anni la band. Ma che inciampa in una ripetitività disarmante.

 

GRIGNANI

Prova a rispolverare le sonorità degli esordi Gianluca Grignani per vestire un testo doloroso per un flashblack che riporta alle emozioni familiari ancora da metabolizzare ma che perde forza in un interpretazione tanto ricca di pathos quanto di imprecisioni tecniche. E anche la melodia va risentita con una migliore esecuzione-interpretazione per comprenderne l’eventuale valore.

 

OLLY

Pulito, con una filosofia compositiva che dà un’identità al suo percorso musicale, Olly esegue il proprio compito alla perfezione, prendendo sottobraccio l’immancabile autotune, e raggiunge l’obiettivo di portare a casa un “pezzo” che funziona, nella sua incalzante reiterazione del rit, senza il ricorso a trucchi & trasgressioni.

 

COLLA ZIO

Vocoder, cori anni 80 e rit gasato che si poggia su fiati convincenti e voci sovrapposte per creare l’effetto hit-tormentone che ogni anno, ormai da qualche edizione, il festival piazza sul mercato mainstream. Un classico pop di movimento, quello dei Colla Zio che spacca, per una band giovane che cerca la benedizione per passare da forte passione ad apprezzato mestiere.

 

MARA SATTEI

La melodia al servizio del “beat” che segna la nuova era della forma-canzone. Quello targato Thasup, con evidenti espliciti richiami ad altre performance di Mara Sattei. E con quest’ultima che conferma la sua grande preparazione, ad esempio nel continuo rincorrersi tra note e parole per poi raggiungere la vetta del chorus che coinvolge toccando a tratti – seppur in punta di piedi – anche qualche linea melodica che strizza l’occhiolino all’atmosfera festivaliera.

 

 

Share Post
No comments

LEAVE A COMMENT