22.04.2022Con un anno di ritardo, causa pandemia, eppure con un palinsesto di assoluta qualità, Comunanza si appresta finalmente
a celebrare il terzo centenario dalla morte di Giuseppe Ghezzi, avvenuta a Roma nel 1721.
Pittore, letterato, uomo di grande cultura, dignitario alla Corte Papale, Ghezzi nacque a Comunanza nel 1634, ove trascorse
parte della sua giovinezza. Giuseppe figlio di Sebastiano, anch’esso artista di alto livello, e padre di Pier Leone il famoso
caricaturista, è sicuramente l’astro più lucente della dinastia dei Ghezzi. Una famiglia che, grazie anche al profondo legame
con la terra natia, oggi pone a pieno titolo Comunanza sulle entusiasmanti rotte del Barocco Italiano. Non è un caso che, un
altro protagonista di questa trionfale stagione della storia dell’arte, il pittore Antonio Amorosi, abbia trovato anch’egli i natali
a Comunanza. La figura di Giuseppe Ghezzi, negli anni, è stata oggetto di una progressiva valorizzazione. A lui sono certamente
ascrivibili meriti pittorici indiscutibili, grazie ad una produzione artistica di assoluto livello. Tuttavia, sulla scorta di recenti
approfondimenti della sua vicenda umana e storica, oggi si riconosce al Ghezzi l’assoluta centralità nelle vicende culturali
dell’Urbe. Ciò in un periodo storico, quello che dalla metà del 1600 giunge fino ai primi decenni del secolo successivo, in cui
Roma era la capitale o, meglio, l’iperbole del Barocco. Giuseppe Ghezzi, attivo in una prima fase come Notaio della Camera
Papale, venne successivamente nominato “Segretario Perpetuo dell’Accademia di San Luca”, titolo riservato a chi è al vertice
della più alta istituzione accademica di Roma. Esercitando questo ruolo, per molti decenni, il Ghezzi diventa protagonista non
solo delle vicende culturali ma, anche, di quelle politiche e mondane del tempo. Ad una produzione pittorica che mette in risalto
gli aspetti trionfanti dell’arte barocca, dunque, si affianca l’impegno di governo e promozione in seno all’Accademia. In questo
contesto memorabili sono la raffinatezza e, allo stesso tempo, l’efficienza con cui seppe organizzare i “Concorsi Clementini”,
pensati in onore di Papa Clemente XI (anche lui marchigiano e grande estimatore del Ghezzi). Si tratta di eventi importantissimi,
celebrati ogni tre anni, nel corso dei quali venivano premiati pittori, scultori ed architetti, attraverso solenni cerimonie che si
svolgevano presso il Campidoglio, alla presenza del Pontefice. Le premiazioni, grazie all’imprinting del Ghezzi, divennero tra
le occasioni più attese della vita artistica e culturale romana. Il fatto di essere residente stabilmente a Roma non impedì
all’Artista, come del resto più tardi a suo figlio Pier Leone, di rimanere strettamente connesso con Comunanza. Da Roma,
infatti, giungevano generosamente i dipinti destinati ad abbellire le Chiese del Territorio. Ad Ascoli, nel 1689, arrivò addirittura
una delle produzioni più celebri, la pregevolissima “Sacra Famiglia” per la Chiesa di Sant’Angelo Magno. Tutte opere che, negli
ultimi anni, sono state oggetto di recupero e di restauro. E proprio nel campo del restauro dei dipinti del Ghezzi, ha saputo
distinguersi un altro celebre comunanzese: il compianto Maestro Adriano Luzi che, prima di confrontarsi con i grandi capolavori
dell’arte antica (dall’Estasi di Santa Teresa del Bernini, al restauro dei dipinti murali presso la Tomba di Nefertari in Egitto),
proprio sulle tele del celebre concittadino affinò la sua sensibilità.
Il Programma celebrativo proposto dall’Amministrazione Comunale di Comunanza, non si limita onorare i meriti
dell’illustre Concittadino. Infatti, anche attraverso alcune azioni a carattere permanente, si intenderà favorire una forte
riscoperta del Ghezzi, ascrivendone l’opera e la vicenda umana a patrimonio culturale della Cittadina. Proprio in questo
senso va interpretato il pensiero del Sindaco Alvaro Cesaroni che, nel sottolineare come Comunanza si caratterizzi
storicamente per una significativa matrice artistica, a questa fa derivare la secolare vocazione per l’artigianato. Non è
un caso che Comunanza rappresenti, per tradizione artigianale e odierna dimensione industriale, un’anomalia nel
territorio rurale montano a cui appartiene.

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