Il commento – Dietro la sconfitta si intravede il grande cuore bianconero

Entella-Ascoli 2-1

di Luca Marcolini

Al triplice fischio finale, l’amarezza prende il sopravvento perché i numeri mettono in ginocchio una squadra bianconera che, in realtà, è viva e vegeta e quando prende coscienza dei propri mezzi dimostra di potersela giocare fino in fondo. L’Ascoli attuale, di fatto, è vittima di un destino perverso che per la terza volta consecutiva nega punti ai bianconeri, ma se con la Salernitana la sconfitta è figlia di una gara mai giocata e con il Carpi le ingenuità e i frequenti cali di concentrazione fanno la differenza abbinati ad un paio di cambi non del tutto condivisibili (l’uscita di Cacia e Giorgi per Perez e Lazzari), stavolta niente di tutto questo. L’undici ascolano dopo una partenza col brivido e con la classica ingenuità che arriva come una ciliegina sulla torta amara della sconfitta, ha dimostrato di saper reagire e di saper imporre il proprio possesso palla con la grinta e la convinzione laddove non si riesce ad arrivare con la velocità di palleggio e la tecnica sopraffina. Dal primo gol in poi è un Ascoli che non demorde fino alla fine, che  lotta, che tiene in mano il pallino e si procura le proprie occasioni non demeritando affatto contro una squadra che è da play off. E anche mettendo in grande difficoltà i liguri nella concitata fase finale. Quel che è chiaro, addirittura lampante, è che mai come in questo momento le avversità che portano i bianconeri verso l’ennesimo finale di campionato col brivido, – perché qui la tranquillità non è di casa – sono figlie soprattutto di un pizzico di sfortuna ma anche e soprattutto dalla forzata strategia dei continui cambi di modulo per adattarsi alle disavventure e agli acciacchi fisici o comportamentali e i cali di tensione di questo o quel protagonista. E forse questo obbligato adattamento del modulo alle circostanze – tra esterni infortunati o squalificati e tante altre vicissitudini – è proprio l’elemento che pesa e incide di più nel momento in cui i risultati non arrivano. E l’unico appiglio per superare il momento difficile resta il ritorno in campo dell’esperienza, per tanto tempo non utilizzabile, dei vari Bianchi, Giorgi e Cacia messi insieme. Anche se – per ora – non basta. L’Ascoli è vivo, c’è, nonostante tutto. Ma ora deve ritrovare la certezza di essere una buona squadra, insieme a quella ruota che deve tornare a girare dalla parte giusta. Sarebbe bastato un rimpallo, un tiro sporco, un po’ più di freddezza, negli ultimi tempi, per ritrovarsi con almeno 3 o 4 punti in più e dormire sonni tranquilli. Ma per l’Ascoli – fin dai tempi di Rozzi – non c’è campionato senza le emozioni forti. E allora occorre crederci fino in fondo, come sempre, gettando il cuore, anzi migliaia di cuori (dai tifosi alla società, allo staff tecnico ed alla squadra) oltre l’ostacolo rappresentato da queste ultime otto sfide. Perché, ne siamo certi, anche dietro le sconfitte si nasconde, come sempre, il grande spirito della gente bianconera. Quella che non molla mai.

 

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Direttore responsabile della Gazzetta di Ascoli Giornalista professionista e scrittore

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