Sting, Shaggy e il sogno internazionale di mezza estate di una città di provincia

di Luca Marcolini

Quando la prima pennata su una corda del suo basso elettrico  taglia in due la serata ascolana, dietro quella nota resta tutta la quotidianità di provincia e d’improvviso ci si trova avvolti dalla magia della musica pura, quella internazionale, quella che tutti sanno riconoscere subito. Senza alcun dubbio. Senza costruzioni e artifici tipici dello star system, senza la patina stereotipata di fumogeni ed effetti speciali, di colpo ti ritrovi a saltare, a cantare, ad alzare le mani e il cuore a tempo, con un battito in 4 quarti e non ti chiedi neanche il perché. Sting e il suo fido travolgente compagno d”avventura, quello Shaggy che trascina la folla con l’umiltà di chi si trova a fianco un mostro sacro, partono dalla musica punto è basta. Perché quando la musica è di quelle che lasciano i brividi ad ogni battuta, a muoversi sono le emozioni,  come inarrestabili danzatrici che scandiscono due ore fuori dal tempo e dalla normalità della discografia incellophanata. Tutti a ricantare pezzi di vita e pietre miliari della musica moderna da Every breath you take a Roxanne, da If you need somebody a Message in a bottle e così via. E questo è quanto successo ad Ascoli, Marche, Italia, città di provincia quasi inconsciamente proiettata, per un giorno, a livello mondiale.
Il sound è robusto ma pulito, dalla pacca ritmica in grado di sorreggere qualsiasi tessitura melodica e con il rock perfettamente integrato in un susseguirsi di soluzioni ritmiche che spesso occhieggiano al reggae, ma senza mai abbandonarvisi completamente, Ed ogni volta che proprio lui, uno Sting senza tempo e senza confini, incastona gemme vocali nel manto stellato di arrangiamenti perfetti nella loro semplicità, diventa sempre più difficile  non abbandonarsi e lasciarsi trascinare in un vortice senza via di uscita fino all’ultimo accordo. Ma se il basso e la voce del monumento musicale inglese lasciano un segno indelebile in questa notte ascolana unica, un applauso vibrante va anche a chi come Shaggy riesce ad annodare con grande bravura le parti di uno show che unisce l’intesa e avvolgente scrittura musicale di un genio alle calde sonorità targate Giamaica.
Il tutto realizzato con le sempre equilibrate e  raffinate partiture armoniche delle due chitarre  (con Dominic e Rufus MIller) che si integrano perfettamente all’interno della scatola ritmica costruita da un drummer impeccabile (Josh Freese) in simbiosi con un basso, quello di sir Sting, che non ammette paragoni. Poi a fare da collante efficace e misurato, le tastiere di Kevon Webster. Oltre a una sezione cori (con Gene Noble e Monique Musique) in grado persino di scardinare l’attenzione dei due protagonisti con alcuni vocalizzi, coniugati al maschile e al femminile, da urlo. Il resto è gioia, passione, fratellanza, libertà, amore, giustizia: i temi “rac-cantati” in un teatro naturale unico, quello di piazza del Popolo, che rende ancora più ‘international’ la cartolina vivente di questo sogno di mezza estate in una suggestiva serata ascolana. Da tramandare ai posteri per dire: “c’ero anch’io”.

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Direttore responsabile della Gazzetta di Ascoli Giornalista professionista e scrittore

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